Tremonti spiega perché il federalismo fiscale conviene, Bossi promette quello municipale
«L'evoluzione del sistema di finanza pubblica italiana si presenta come un albero storto». Lo ha detto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, illustrando in una conferenza stampa al termine del Consiglio dei ministri la relazione sul federalismo fiscale, approvata dal governo. Tremonti cita «due passaggi fondamentali: la quasi totale centralizzazione della finanza pubblica, fatta al principio degli anni '70 e il decentramento-federalismo introdotto tra il 1997 e il 2001». Poi rileva che «è così che l'albero è cresciuto storto».
«La finanza derivata - ha detto Tremonti - non sta in piedi. È basata sull'idea che l'Iva sia un bancomat. Non crediamo che corrisponda più a quello che serve al paese». Tremonti ha detto che è «fondamentale passare dal sistema dei costi standard che premiano gli inefficienti a un sistema di fabbisogni definiti in termini oggettivi senza penalizzare nessuno. Lo standard deve essere ricostruito in base alle pratiche migliori».
Non è il federalismo fiscale a costare ma, al contrario, costerebbe non farlo, si legge nella relazione sul federalismo fiscale. «Un errore piuttosto diffuso consiste nell'assumere che il federalismo fiscale abbia un costo», si spiega, «in realtà è l'opposto. Il costo ci sarebbe infatti non riformando con il federalismo fiscale, ma all'opposto conservando l'assetto attuale».
«Sulle regioni non siamo ancora pronti per dire cosa diamo loro» in termini di finanza locale», ha detto Tremonti. «A luglio lo sapremo e quindi faremo molto presto anche il federalismo regionale- aggiunge- siamo invece molto avanzati a livello municipale». Tremonti ha spiegato che il federalismo dà «poteri fiscali statali ai territori. Pensiamo di ritirare i 15 miliardi che i comuni richiedono come finanziamenti, ma di dare loro 15 miliardi di titoli di finanziamento proprio».
Il Senatur ha spiegato che dopo il federalismo demaniale il prossimo passo sarà il «federalismo municipale», che assegna ai Comuni le tasse sugli immobili, introducento il principio di responsabilità. Il debito pubblico, dice il leader del Carroccio, è causato dal fatto che «chi spende non ha la responsabilità di trovare i soldi che in qualche caso butta via». Il federalismo fiscale dunque «serve per cambiare dalla finanza derivata dove lo Stato incassa tutte le tasse e paga a piè di lista i livelli istituzionali che spendono. Manca la responsabilità: chi spende, no deve procurarsi i soldi che spende, che in qualche caso butta via».
«Il federalismo municipale è passo importante, si tratta di dare ai Comuni, per adesso perché poi toccherà anche a Regioni e Province, un processo di finanza propria che si basa sul fatto che i Comuni avranno tutte le tasse che riguardano gli immobili: sono tante tasse che però i Comuni potrebbero anche semplificare per favorire i contribuenti in un'unica tassa. Ma sarà una decisione loro. Noi ci limitiamo per adesso a indirizzare i Comuni». Bossi ha presieduto una parte del cdm, dopo una breve presidenza da parte del ministro Altero Matteoli. Accanto a lui i ministri Giulio Tremonti e Roberto Calderoli.
Tremonti dice sì alla finanza muncipale ma «ci spiace deludere, la prima casa resterà esente da ogni imposta. Mentre c'é la base per fare la cedolare secca sugli affitti che é nel nostro programma elettorale e qui finalmente c'é lo spazio per metterla dentro».
«Il federalismo fiscale è in grado di unire e di dare garanzia di diritti civili e sociali pari su tutto il territorio», ha detto Roberto Calderoli, ministro della Semplificazione. Pa rlando del federalismo fiscale ha sottolineato che si tratta di una riforma che «fa risparmiare».
E l'assenza del ministro Brancher? «Il ministro del federalismo è Umberto Bossi», ha risposto il titolare dell'Economia a un cronista che chiedeva come mai nel giorno del federalismo, a presentarlo non ci sia il neo nominato ministro Aldo Brancher.
Tratto da Ilsole24.com
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